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mercoledì 22 aprile 2009

Caricare in ArcMap le ortofoto delle aree terremotate (Abruzzo 2009)

Cari utenti ArcGIS,
pubblico questo articolo per evidenziare l'utilità e l'efficacia della tecnologia GIS in situazioni tragiche e di emergenza come il recente terremoto in Abruzzo, anche se, naturalmente, avrei preferito che una simile occasione non si presentasse...

Inizialmente avevo concepito questo post solo per segnalare una lodevole iniziativa del Portale Cartografico Nazionale. Il PCN infatti ha pubblicato, in tempi ristrettissimi, le ortofoto acquisite in Abruzzo nei 3 giorni successivi al sisma (6 aprile).
Proprio questa rapidità nel divulgare "il dato" mi è sembrata una novità degna di rilievo, perlomeno nel contesto italiano. Da questo elemento, a mio avviso veramente significativo, sono nate una serie di considerazioni.

Ma andiamo per gradi!
Potete accedere alle ortofoto direttamente dal sito del PCN oppure, per un'analisi di maggior dettaglio, potete seguire il mio esempio e caricarle in ArcMap assieme ad altri dati.
Nelle due seguenti figure (click per ingrandirle) potete osservare la situazione dell'abitato di ONNA prima e dopo il sisma. Il confronto parla da solo...





Chi ha già messo in pratica le indicazioni contenute nel mio post del 6 febbraio sarà subito operativo: il collegamento al PCN risulterà infatti già impostato e basterà ri-connettersi.

I layer ai quali mi sto riferendo sono quelli con suffisso "ortofoto_sisma".
Si tratta di immagini a colori di ottima qualità che rendono bene l'entità, purtroppo tragica, di quanto accaduto.
Osservando i danni agli edifici, ho notato qualche coincidenza non ottimale tra fotogrammi adiacenti; immagino però che sia dovuta alla fretta con la quale sono state elaborate perchè fossero subito disponibili.

Comparando le due immagini appare inoltre evidente come le ortofoto del 2009 abbiano una risoluzione geometrica migliore (25 cm/pixel) rispetto a quelle del 2007 (50 cm/pixel).
In altri termini, le immagini del 2009 risultano molto più definite, probabilmente sono state acquisite con un volo a bassa quota.

Se qualche lettore volesse utilizzare il mio stesso documento di mappa, può scaricarlo cliccando sul seguente link: Terremoto93.zip
Tramite il comando "Save a Copy" di ArcMap, ho prodotto anche un MXD in versione 9.2. Gli utenti che utilizzano ancora questa versione possono scaricare il file dal seguente link: Terremoto92.zip .

Come potete notare osservando le due figure, mi sono limitato a caricare in ArcMap alcuni layer accessibili dai servizi PCN e ArcGIS online. Tenete quindi presente che i dati sono "in remoto" e la velocità di accesso, ovvero di consultazione, dipenderà molto dalle prestazioni della vostra connessione internet.

Inoltre, per i lettori che non dispongono di ArcView, ArcEditor o ArcInfo, ho predisposto lo stesso progetto affinchè sia utilizzabile anche con ArcReader: per scaricare questo file, cliccate su TerremotoArcReader93.pmf .
Per chi ancora non lo avesse installato, segnalo che ho indicato tutte le istruzioni per trovare, scaricare ed installare ArcReader nel mio articolo del 27 marzo .
Ricordo a tutti che si tratta di un software libero e gratuito.
Pubblico la seguente figura proprio per mostrare come si presenti il progetto se "visto" tramite ArcReader.



Potete anche notare come abbia utilizzato lo strumento "Markup" per perimetrare rapidamente (in 30 secondi circa) alcune aree che appaiono completamente distrutte.
In ambiente ArcMap, la stessa operazione deve essere ovviamente effettuata utilizzando un geodatabase e non dei semplici graficismi: in questo modo i dati trovano una "sede" certamente più adatta per essere elaborati ed analizzati.
Immagino che la protezione civile adotti proprio una logica di questo tipo e che, probabilmente, abbia predisposto negli anni geodatabase o shapefile "standard", cioè strutturati in funzione del particolare ambito di utilizzo: sisma, alluvione, incendio ecc.

Come anticipato all'inizio di questo post, ritengo che la pubblicazione delle prime ortofoto a soli 3 giorni dal sisma, sia una novità importante nel panorama italiano.
Quindi, in qualità di esperto GIS, vorrei innanzi tutto complimentarmi con il PCN e con la Protezione Civile.
Mi sembra questo un ottimo esempio di buon funzionamento del "sistema": la Protezione Civile effettua la ripresa e, nel giro di pochissimo tempo, i dati possono essere distribuiti via web, caricati nei vari software GIS e utilizzati da analisti e decisori per affrontare l'emergenza.
Resta inteso che gli stessi dati saranno una risorsa indispensabile anche per definire e pianificare tutti gli interventi successivi alla vera e propria emergenza, nel medio e lungo periodo.

Il mio entusiasmo deriva dalla convinzione che un buon connubio tra lungimiranza, tecnologia ed organizzazione, possa sempre produrre notevoli risultati.
Premesso che l'iniziativa del PCN è certamente in linea con questa logica, ho l'impressione che ancora molto si debba fare.
In questa seconda parte dell'articolo, vorrei quindi esporvi alcune considerazioni ovviamente legate alla tecnologia GIS: "idee" facilmente attuabili e, a mio avviso, molto efficaci.
Vorrei però precisare che NON sono un esperto di protezione civile, quindi non escludo che su alcune osservazioni potrei essere smentito.

Inizio segnalandovi una delle tante attività che avrebbero reso meno pesante il bilancio delle vittime.
Il tutto è nato assistendo ad un'intervista di un vigile del fuoco il quale, fra le mille difficoltà incontrate, segnalava anche quella di non riuscire a determinare sotto quali macerie potessero trovarsi eventuali vittime, un dato ovviamente fondamentale per stabilire dove concentrare gli sforzi.
In effetti, la zona in cui stava prestando soccorso si presentava quasi completamente distrutta e, di conseguenza, deserta (forse si trattava proprio di Onna): nessun numero civico al quale far riferimento, nessuna persona del luogo per ottenere indicazioni utili.
In questi frangenti è facile immaginare quanto sia importante ottimizzare l'opera dei soccorritori per agire bene e rapidamente.

Mentre l'intervistato descriveva la sua esperienza, mi è venuto spontaneo pensare alla lungimiranza di un'amministrazione comunale che, nel tempo, ha provveduto a georeferenziare la propria anagrafe. Nulla di trascendente: si tratta semplicemente di associare ogni residente a una coppia di coordinate cartografiche, per esempio quelle che identificano la posizione del numero civico esposto fuori dalla propria abitazione (magari perchè in cartografia quel numero è già presente!) oppure, meglio ancora, associando i residenti agli edifici stessi.

Un'operazione che noi del settore sappiamo essere semplice, rapida ed anche molto economica!
Personalmente, applicai questo concetto per la prima volta nel 1999: in qualità di consulente di una ditta di servizi di nettezza urbana, fui incaricato di fornire il supporto GIS necessario per programmare la raccolta dei rifiuti sul comune di Monza, che, per popolazione, è la 3° città della Lombardia e conta da sola circa 120.000 abitanti. Tenete presente che l'intera provincia dell'Aquila ne ha circa 300.000...
Logico immaginare che 10 anni fa non si parlasse ancora di database topografici (DBT); i numeri civici però erano già riportati sulla cartografia comunale, a quel tempo disponibile in formato DWG.
In pochi giorni ottenemmo uno shapefile puntuale in cui ogni elemento risultava associato ad un indirizzo. L'operazione fu condotta secondo la convenzione utilizzata dall'anagrafe comunale, di conseguenza l'unione di questi dati con la tabella fornita dall'ufficio anagrafe fu una semplice formalità: nel giro di 3 giorni riuscimmo a georeferenziare oltre il 90% della popolazione, circa 100.000 persone.

E il restante 10%?
Semplice: si trattava dei residenti corrispondenti a numeri civici non rappresentati in carta in quanto non rilevati durante i controlli a terra, magari perchè i numeri non erano esposti o erano coperti da vegetazione...
Nel caso specifico, "investimmo" ancora 2 giorni per localizzare almeno gli indirizzi corrispondenti al maggior numero di abitanti.
In pratica, in 5 giorni di lavoro localizzammo sul territorio circa il 97% della popolazione, un risultato più che soddisfacente per gli obiettivi di quel lavoro. Valutammo quindi di non proseguire: il rapporto costi-benefici fu considerato infatti troppo elevato.
Per maggior chiarezza, aggiungo che se dovessi quantificare oggi i costi di quell'attività, potrei ipotizzare una cifra di circa 1.500 euro...

Un'operazione, quindi, "semplice ed economica", ma anche estremamente utile!
Infatti l'anagrafe georeferenziata può risultare vantaggiosa anche in molti altri casi...
...ad esempio dopo un terremoto così devastante!
Infatti consente l'avvio di una procedura che, a mio modesto parere, avrebbe potuto ottimizzare l'opera dei soccorritori.
- la protezione civile, che immagino raccolga e aggiorni costantemente gli elenchi delle persone disperse, potrebbe incrociare i propri dati con i geodatabase forniti dai competenti uffici comunali...
- un servizio webgis (magari proprio il PCN) pubblicherebbe in diretta tutti i punti (ovvero gli indirizzi) che corrispondono alle persone ritenute disperse...
- i soccorritori, muniti di palmare dotato di ricevitore GPS e telefonia, potrebbero raggiungere rapidamente i punti evidenziati in mappa e concentrare gli sforzi in aree più limitate.

Tengo a precisare che, anche nel caso dei palmari, non intendo fare necessariamente riferimento a soluzioni sofisticate e professionali: infatti per questi utilizzi sono più che adatti i dispositivi da 200-300€ che trovate nei centri commerciali.
Tanto per intenderci, penso ai PDA Phone di tipo "economico" come quello rappresentato nella foto qui sotto, una tipologia che descrivo meglio nel mio post su ArcPad 8.



Purtroppo la foto non rende bene l'idea... Potete però intuire come l'immagine rappresentata sullo schermo sia proprio l'ortofoto pubblicata dal PCN: questo PDA è infatti dotato di telefonia e può quindi connettersi a internet.

Immagino anche che, con il passare del tempo, i punti diminuiscano o comunque risultino sempre più "affidabili", permettendo così una rapida e continua razionalizzazione dei soccorsi.
Sono consapevole del fatto che non si tratti di un metodo rigoroso, nel senso che non si può essere certi che ad ogni punto corrisponda effettivamente uno o più dispersi; ritengo però che, nel caso specifico, avrebbe prodotto buoni risultati.
Infatti, dato che il sisma è avvenuto in piena notte, è logico attendersi che la maggior parte dei dispersi si trovasse nelle proprie abitazioni.

Da notare poi che questi PDA "economici" non solo consentono di ricevere dati, ma anche, ovviamente, di trasmetterli.
In sostanza, si potrebbe conoscere, in tempo reale, la posizione esatta (intendo con una precisione di circa 5 metri) dei singoli soccorritori, delle squadre, dei mezzi e di tutte le "risorse" in movimento sul territorio...
...il salto di qualità sarebbe enorme: da una localizzazione a livello di singolo comune (es: 1000 soccorritori nel comune di L'Aquila) ad una "puntuale".
Pensate che beneficio per chi coordina tutte le operazioni e, di conseguenza, per chi riceve i soccorsi!

Sappiamo tutti che una logica di questo tipo viene applicata, ormai da molti anni, in campo militare. Anche in ambito civile vi sono diverse applicazioni, ad esempio alcuni veicoli del 118 trasmettono, ad intervalli specifici, la loro posizione sul territorio. Questo dato viene elaborato in tempo reale da una sala di controllo, il cui compito è proprio quello di ottimizzare gli interventi.

I soccorritori potrebbero inoltre utilizzare i palmari per segnalare eventuali necessità o situazioni particolari: e ciò semplicemente inserendo un punto in mappa. Quel "punto" potrebbe finire immediatamente su un geodatabase centralizzato che, in tempo reale, mostrerebbe ai vari analisti, e quindi ai decisori, dove concentrare gli sforzi o dove inviare risorse.

Giusto per non lasciare dubbi ai lettori, ribadisco un concetto fondamentale: dal punto di vista tecnologico, tutto quello che ho finora descritto è semplice da implementare e non richiede grandi investimenti economici.

A questo punto, ritengo anche opportuno pubblicare una delle slides che mostro ai miei studenti nella prima lezione del mio corso.



Tengo a far notare che si tratta di un concetto molto generale e legato ai sistemi informativi in quanto tali, con o senza componenti "geografiche".
Se volessimo ridurre la mia slide ai minimi termini, il "messaggio" potrebbe essere in sintesi: CONOSCERE -> ANALIZZARE -> OPERARE
Ne deriva che conoscere e analizzare "bene e rapidamente" sono condizioni necessarie, anche se non sufficienti, per operare "bene e rapidamente"...

A questo punto, cliccate sulla seguente immagine per ingrandirla e ditemi se non "riconoscete" molti degli strumenti e delle risorse alle quali, indirettamente, ho fatto riferimento in questo articolo....



Nel mio post del 26 marzo, ho cercato di spiegare come l'estrema modularità e la completezza della famiglia ArcGIS debba essere considerata una "ricchezza" e non, come spesso avviene, una complessità "esagerata".
E' evidente come, per una gestione ottimale di certe situazioni, siano necessari sistemi GIS in cui "convivono" contemporaneamente software di fascia server, desktop e mobile.
Laddove il tempo è una variabile estremamente critica, è certamente auspicabile che tali strumenti appartengano tutti alla stessa famiglia: si eviteranno così problemi di interoperabilità e di "dialogo".
Anche la possibilità di disporre di moduli aggiuntivi, in grado cioè di ampliare le funzionalità di ogni strumento di base, assume in questo senso un ruolo importante, permettendo di scalare le soluzioni in funzione delle reali necessità di ogni singola postazione.

E laddove tutto questo non serve?
Basta indirizzarsi verso soluzioni più semplici: non a caso spesso e volentieri risulta più che sufficiente il solo ArcView!

A questo punto direi che ho scritto fin troppo...
Spero di essere riuscito a trasmettere 2 messaggi estremamente importanti:
- la tecnologia GIS, se ben utilizzata, può produrre notevoli benefici anche in situazioni di emergenza;
- si possono ottenere grandi risultati anche a fronte di piccoli investimenti.

A scanso di equivoci, ribadisco ancora una volta il concetto: NON sono un esperto di protezione civile e NON voglio alimentare inutili polemiche. Queste mie osservazioni vogliono solo invitare a riflettere.
Sono certo che, tra i lettori di questo blog, ci siano persone molto competenti su queste tematiche: magari potrebbero confermare le mie considerazioni, oppure smentirle (e ne sarei molto felice!), oppure proporle nelle sedi più appropriate per migliorare la gestione delle emergenze.
Sono altrettanto certo che anche tra i lettori "meno esperti" di protezione civile possano nascere "idee" molto più utili ed intellligenti delle mie.
Anche questo è un modo per aiutare la popolazione dell'Abruzzo e, più in generale, tutti coloro che vivono in aree a rischio.

Concludo con alcune considerazioni piuttosto ovvie:
- è necessario investire ancora molto, almeno in Italia, sulla "cultura GIS", a partire dai nostri amministratori che troppo spesso sostengono i sistemi GIS solo a parole;
- non ha alcun senso disporre di "risorse" così notevoli (hardware, software e dati) se le stesse, per scarse conoscenze o errate valutazioni, non vengono adeguatamente sfruttate;
- i sistemi GIS sono, innanzi tutto, "sistemi": è sufficiente una sola componente sottodimensionata per limitare le prestazioni complessive. Mi riferisco in particolare alle "persone": operatori e utenti finali spesso non sufficientemente preparati.

Nell'era della tecnologia "l'uomo" resta pur sempre l'elemento centrale...

Saluti
PaoloGIS


SUGGERIMENTO IMPORTANTE: chi volesse confrontare (ovviamente in ambiente ArcMap) le ortofoto oggetto di questo articolo con immagini satellitari di altissima qualità, dovrebbe mantenere "monitorato" il servizio di Digital Globe descritto nel mio post del 17 febbraio.
Infatti, se accederete alla home page del sito (http://www.digitalglobe.com/) , troverete in primo piano un interessantissimo documento PDF che confronta un'immagine acquisita il 4 settembre 2006 con una del 8 aprile 2009 (ovvero 2 giorni dopo il sisma).
Il satellite è lo stesso, il QuickBird, e le immagini prodotte da questo "gioiello" hanno una risoluzione geometrica al suolo pari a 61cm.
A mio avviso, questa ripresa sarà pubblicata entro breve e andrà a sostituire l'immagine attualmente disponibile, quella del 4 settembre 2006.
Se così sarà, assisteremo a un altro beneficio della tecnologia!

2 commenti:

  1. Mitico Paolo!

    Ottimo articolo con ottime indicazioni per migliorare il servizio di Protezione Civile. Speriamo che in Italia si cominci a pensare in termini di prevenzione e non solo di gestione delle calamità: mi piacerebbe sentire il termine "Prevenzione Civile". Gli strumenti ci sono e, come dici tu, il costo è irrisorio rispetto ai benefici attesi: ci vuole il coraggio di spendere poco per avere tanto! ciao Nicola

    RispondiElimina
  2. Ciao Nicola,
    ero certo che persone come te non potevano che ritrovarsi nel mio ragionamento...
    Ben vengano altre tue osservazioni o spunti per migliorare l'articolo, meglio ancora se attraverso un tuo "commentone"!
    Grazie

    RispondiElimina

AREA FORUM (vedi anche post del 10/1/2014)

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